Sul concorso esterno in associazione mafiosa
di Ciro IORIO
Corte di Cassazione, Sezione 2 penale Sentenza 19 aprile 2012, n. 15115
Il sostegno politico e l’appoggio elettorale non integrano di per sé il reato di partecipazione ad una associazione mafiosa per la cui integrazione è necessario invece che gli impegni assunti dal politico presentino il carattere della serietà e della concretezza. Inoltre va accertato ex post che gli impegni abbiano inciso effettivamente e significativamente di per sé, ed a prescindere da successive ed eventuali condotte esecutive dell’accordo, sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacità operative dell’intera organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali.
OSSERVAZIONI INTRODUTTIVE
Con il decisum in rassegna la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale della libertà di Reggio Calabria che aveva confermato la misura cautelare della custodia in carcere per un assessore di Gioiosa Jonica.
I giudici di legittimità hanno analizzato la rilevanza penale della condotta dell’esponente politico che in occasione di una competizione elettorale aveva richiesto l’appoggio successivamente accordato da una associazione mafiosa.
Il patto di scambio elettorale politico mafioso rappresenta una particolare modalità di manifestazione del concorso esterno in associazione mafiosa e consiste in un vero e proprio accordo con il quale il candidato si assicura il sostegno elettorale della cosca impegnandosi di favorirla una volta eletto.
Il punctum pruriens della vicenda in esame attiene alla rilevanza penale del patto in sé considerato, a prescindere, dunque, dalle condotte esecutive dello stesso e dalla presenza di qualsivoglia controprestazione.
Preliminarmente all’analisi degli orientamenti giurisprudenziali in materia, appare opportuno, anche al fine di una migliore comprensione del dictum dei Giudici di legittimità, analizzare la fattispecie delittuosa del concorso esterno in associazione mafiosa, nonché i rapporti tra la stessa e la fattispecie penale incriminatrice dello scambio elettorale politico mafioso (art. 416 ter c. p.).
In materia di criminalità organizzata, l’esperienza giudiziaria ha dato vita alla problematica dell’ammissibilità del concorso eventuale nel reato associativo da parte di quel soggetto esterno all’associazione e dunque non appartenente ad essa.
Infatti, l’ordinamento interno, non contemplando espressamente la fattispecie del concorso esterno in associazione mafiosa, pone la quaestio iuris della rilevanza penale delle condotte realizzate dal soggetto estraneo all’associazione stessa. Si tratta, in sostanza, di accertare la possibilità di estendere l’area del penalmente rilevante a quelle condotte altrimenti non penalmente sanzionabili.
In tal senso un importante spunto interpretativo è offerto dalle Sezioni Unite della Cassazione le quali, con sentenza del 2005 n. 33748, meglio nota come sentenza Mannino, nell’ammettere la configurabilità del concorso dell’estraneo in associazione di stampo mafioso, offrono interessanti indicazioni in ordine ai requisiti che il contributo dell’estraneo deve presentare affinché possa considerarsi penalmente rilevante. A tal fine i Giudici di legittimità distinguono la figura del partecipe da quella del concorrente eventuale riferendo la condotta di partecipazione a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato prende parte al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi.
Il concorrente eventuale o esterno sarebbe invece colui che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione e privo dell’ “affectio societatis”, fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un’effettiva rilevanza causale e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima.
Dal punto di vista dell’elemento soggettivo, appare evidente come il semplice dolo eventuale, inteso come mera accettazione del rischio di verificazione dell’evento da parte del concorrente esterno, ritenuto solamente probabile o possibile insieme ad altri risultati intenzionalmente perseguiti, non sia idoneo a configurare la fattispecie penale del concorso esterno in associazione mafiosa. Si richiede, infatti, la coscienza e la volontà del fatto criminoso da parte dell’extraneus, oltre alla volontà di quest’ultimo di concorrere con altri alla realizzazione plurisoggettiva del reato fornendo un apporto causalmente rilevante alla condotta altrui.
Ciò posto si pone il problema della verifica dell’efficienza causale del contributo del concorrente eventuale. Sul punto le Sezioni Unite, nel già richiamato arresto giurisprudenziale, hanno escluso la possibilità di effettuare la valutazione dell’efficienza causale dell’esterno all’associazione sulla scorta di un giudizio di pericolosità “ex ante” del contributo, risolta in termini di mera probabilità di lesione del bene giuridico protetto. E’ necessario, secondo i Supremi Giudici, un apprezzamento “ex post”, in esito al quale sia dimostrata, alla stregua dei comuni canoni di certezza processuale, l’elevata credibilità razionale dell’ipotesi formulata in ordine alla reale efficacia condizionante della condotta atipica del concorrente.
Seguendo siffatta impostazione esegetica possono considerarsi penalmente rilevanti solo quelle condotte che abbiano contribuito effettivamente al rafforzamento del gruppo mafioso e non quei contributi successivamente risultati ininfluenti per la realizzazione dell’evento lesivo.
Sempre la sentenza Mannino affronta la questione della rilevanza penale del patto di scambio politico – mafioso che rappresenta una modalità particolare di manifestazione del concorso esterno in associazione mafiosa.
Il patto di scambio politico – mafioso viene definito dalla sentenza Mannino come l’accordo in forza del quale “a fronte del richiesto appoggio dell’associazione mafiosa nelle competizioni elettorali succedutesi nella sua carriera politica o nazionale, il personaggio politico, senza essere organicamente inserito come partecipe nelle logiche organizzatorie del sodalizio criminoso, si impegna a strumentalizzare i poteri e le funzioni collegati alla funzione pubblica conseguente all’esito pubblico delle elezioni a vantaggio dello stesso sodalizio, assicurandone così dall’esterno l’accesso ai circuiti finanziari e al controllo delle risorse economiche, ovvero rendendo una serie di favori quale corrispettivo del richiesto procacciamento di voti.”
Ciò stabilito, la questione di diritto che necessariamente si pone è la seguente: il pactum sceleris tra il candidato e la consorteria mafiosa può ritenersi penalmente rilevante in quanto tale, oppure richiede l’accertamento di successive condotte esecutive delle promesse che ne costituiscono oggetto?
Sul punto pare utile evidenziare l’evoluzione giurisprudenziale in materia, anche antecedente alla richiamata pronuncia resa dalle Sezioni Unite della Cassazione. Secondo un primo indirizzo interpretativo il mero accordo politico – elettorale è da considerarsi punibile penalmente a prescindere sia dalla realizzazione di condotte esecutive dello stesso, da ritenersi post facta non punibili, sia dalla effettiva incidenza del patto in sé considerato sotto il profilo della conservazione o del rafforzamento della consorteria mafiosa (Cass. 20 aprile 2000, n. 4893). In sostanza ciò che rileva è la volontà di associarsi ad una struttura criminale al fine di controllare e influenzare il consenso politico. Secondo la Cassazione il rapporto sinallagmatico, con il quale l’uomo politico si impegna in cambio dell’appoggio elettorale a favorire, una volta eletto, l’associazione ed i suoi appartenenti, sussiste non tra le due prestazioni, ma tra le due promesse, anche perché una delle due, quella relativa all’appoggio elettorale, dovrà essere necessariamente mantenuta prima dell’altra, quella relativa ai favoritismi che il politico ha assicurato al clan, ed anzi il suo mantenimento e la sua realizzazione costituiscono il presupposto per il successivo mantenimento dell’impegno preso dall’associato esterno che solo se eletto potrà sdebitarsi. Ne consegue, quindi, che il raggiungimento dello scopo non può considerarsi elemento costitutivo della fattispecie.
Maggiormente condivisibile è l’orientamento delle Sezioni Unite Penali della Cassazione che con la sopra citata sentenza Mannino hanno ricostruito i requisiti che il pactum sceleris deve presentare affinché possa ritenersi configurata la fattispecie delittuosa del concorso esterno. In particolare i giudici di legittimità, pur ammettendo la configurabilità del concorso esterno nel reato di associazione di tipo mafioso nell’ipotesi del “patto di scambio politico-mafioso”, precisano l’insufficienza del sostegno meramente psicologico, della mera vicinanza o disponibilità da parte dell’uomo politico.
Più dettagliatamente, per la integrazione del reato è necessario che: a) gli impegni assunti dal politico a favore dell’associazione mafiosa presentino il carattere della serietà e della concretezza, in ragione della affidabilità e della caratura dei protagonisti dell’accordo, dei caratteri strutturali del sodalizio criminoso, del contesto storico di riferimento e della specificità dei contenuti; b) all’esito della verifica probatoria “ex post” della loro efficacia causale risulti accertato, sulla base di massime di esperienza dotate di empirica plausibilità, che gli impegni assunti dal politico abbiano inciso effettivamente e significativamente, di per sé ed a prescindere da successive ed eventuali condotte esecutive dell’accordo, sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacità operative dell’intera organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali.
Infatti, non siamo in presenza di una promessa di voti in cambio di denaro da parte del politico, fattispecie prevista e punita dal Legislatore nell’art. 416 ter c.p., ma di un patto avente ad oggetto la promessa di voti in cambio di favori di vario genere. Dunque, pur in assenza di condotte esecutive dell’accordo, il concorso esterno può ritenersi comunque integrato qualora il patto di scambio in quanto tale sia caratterizzato dai requisiti appena evidenziati ed abbia quindi effettivamente contribuito al rafforzamento e alla conservazione della consorteria criminale.
Uniformandosi all’orientamento seguito dal massimo consesso di legittimità, le sezioni semplici della Cassazione, in una recente pronuncia, hanno escluso la rilevanza penale del solo sostegno politico e appoggio elettorale, essendo necessario che il rapporto sia tale da incidere concretamente sugli interessi dell’associazione o comunque sul piano di una illecita corrispettività di prestazioni (Cass. 19 aprile 2012 n. 15115).
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
La Cassazione, con il decisum in rassegna, ha annullato l’ordinanza applicativa della misura cautelare carceraria escludendo la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di concorso esterno in associazione mafiosa nella forma dello scambio politico – elettorale.
Invero, dalla fattispecie concreta non emergono elementi idonei dai quali desumere una alleanza criminale tra il candidato e la cosca criminale volta a favorire le fortune elettorali del primo in cambio di concrete e serie contropartite nell’ambito del patto pre-elettorale. Inoltre, la Cassazione ha escluso la sussistenza di elementi tali da poter ravvisare la rilevanza penale dell’attivismo elettorale dell’associazione mafiosa.
Infatti, la valutazione in ordine alla configurabilità del reato in commento non può prescindere da una concreta indagine circa i modi di intervento dell’associazione mafiosa nella competizione elettorale, modi che, secondo i giudici di legittimità, devono assumere connotazioni criminali specifiche, per essere indicative di un rapporto “particolare” dell’organizzazione con il candidato e di un’alleanza elettorale che includa il programmatico ricorso a forme di intimidazione mafiosa dirette ad influenzare l’esito delle elezioni (Cass. 9.7.2008 n. 28962).
Gli elementi che emergono dalla fattispecie, quali le intercettazioni telefoniche sulla scelta degli assessori e la partecipazione del candidato alla riunione per la formazione delle liste, appaiono del tutto neutri e inidonei a fondare un giudizio di colpevolezza, soprattutto alla luce del richiamato orientamento giurisprudenziale che pone sicuramente tali avvenimenti fuori dall’area del penalmente rilevante, in considerazione della mancanza di ulteriori elementi che dimostrino l’ingerenza del sodalizio criminale nella competizione elettorale a favore del candidato in un contesto di reciproci vantaggi tra lo stesso e l’organizzazione mafiosa.
Per la integrazione del reato è quindi necessario che gli impegni assunti dal politico presentino il carattere della serietà e della concretezza e che incidano effettivamente e significativamente sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacità operative dell’intera organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali.
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